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Questo è il resoconto del primo incontro di un Polinesiano con quella cosa che noi chiamiamo denaro e il suo punto di vista a riguardo. Quest’uomo si chiamava Finau, un capo molto importante, praticamente il Re di Ha’apai e, per i suoi tempi, un uomo molto esperto e perspicace. La storia è raccontata da Will Mariner, un giovane inglese che fu “ospite” a Tonga tra il 1806 e il 1809. Nel 1806 la nave da guerra inglese “Port au Prince” venne catturata e saccheggiata mentre era ancorata fuori dal reef di fronte alla zona dove ora si trova l’aeroporto “Salote Pilolevu” nell’isola di Lifuka, la principale dell’arcipelago di Ha’apai. William Mariner, uno dei pochi sopravvissuti al massacro dell’equipaggio della nave, fu adottato come figlio da Finau e raccontò al suo ritorno in Inghilterra la propria esperienza e il Dr. John Martin la pubblicò in un libro col titolo: “Will Mariner’s account of the natives of the Tonga isles” nel 1817. Il libro è molto interessante perché è probabilmente l’unica fonte per capire e conoscere tutti gli aspetti della società tongana di 200 anni fa. Pur se interessanti, le osservazioni del Cap. James Cook, il più grande esploratore del Pacifico, nei suoi famosi “Giornali di Bordo” non descrivono quasi niente della vita di tutti i giorni in queste isole. |
L’incontro col denaro di un polinesiano In questo capitolo (VIII del volume I), Mariner sta partecipando ad una faikava (evento in cui tutti sono seduti attorno ad un kava-bowl e discorrono tranquillamente di ogni argomento, bevendo ogni tanto un sorso di questa bevanda che ha un blando potere narcotico e rilassante – ora la chiamano anche kava-party) e colloquia con Finau e un capo locale, Filimoe’atu. Quest’ultimo tornava da un’esperienza, insieme alla moglie Fatafehi, a Botany Bay (la baia di Sydney dove sbarcarono i primi coloni inglesi) dove era rimasto sconcertato dagli usi e costumi dei bianchi. Ecco cosa dice Filimoe’atu a proposito: “All’inizio la vita fu così difficile che desideravamo morire; nessuno sembrava volesse badare a noi; eravamo esclusi da tutte le case; se vedevamo gente che mangiava nessuno ci invitava a entrare e partecipare: niente poteva essere fatto senza il denaro, del quale non comprendevamo ne il valore ne il significato, e neppure come poteva essere ottenuto. Se chiedevamo di averne ci veniva risposto che nessuno ce ne avrebbe dato se non ci fossimo messi a lavorare. Ci mettemmo a lavorare ma il denaro che ricevevamo era così poco che non bastava che per un decimo delle nostre necessità. Nemmeno quando spiegai loro che ero un capo me ne diedero a sufficienza. Mi dissero che da loro è il denaro che rende un uomo un “capo” nella società.” |
Questo libro è abbastanza conosciuto tra gli antropologi che studiano economia. Soprattutto per il senso comune e la logica che possiede Finau. Il metodo del baratto a Tonga esiste ancora, ma solo nei villaggi più sperduti. L’utilizzo del denaro come mezzo di scambio è stato introdotto in tutte le fasce della popolazione solo al momento della completa autonomia di Tonga, nel 1976.Pur essendo l’unico Paese del Pacifico mai soggetto a dominazioni, dal 1896 al 1975 fu un “protettorato” britannico. La moneta si chiama Pa’anga. Curioso che ‘anga sia lo squalo e pa significa anche colpo… Ancora adesso per parecchi tongani il denaro mantiene il valore di pura merce di scambio. Spesso si adattano ad un lavoro dipendente per poter acquistare un bene, il frigorifero o anche cose più importanti o anche più banali. Quando hanno guadagnato il denaro necessario, smettono di lavorare. Nella lingua la parola worker viene tradotta con taha ngaue, che significa “uno che fa”. Il concetto del lavoro "fisso" che è stato introdotto dagli occidentali non era mai esistito… |